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MASTER IN “ASPETTI PSICO-PEDAGOGICI DELLE DISCIPLINE ARTISTICHE NEGLI INSEGNAMENTI DELLA SCUOLA PRIMARIA”

Attivato con nulla osta del M.I.U.R

Accademia delle Belle Arti di Agrigento

Votazione 100/100



TESI DI PEDAGOGIA SPERIMENTALE

Fabrizio Fiordiponti


TITOLO:

PEDAGOGIA DELL’IMPROVVISAZIONE

Quale la ricetta per un apprendimento flessibile finalizzato ad una crescita sociale verso il bene?

NOTA: “Redatta in stile oratorio/teatrale, come se dovesse essere recitata ad un pubblico…lasciando il pensiero a briglia sciolta…nel rispetto del tema…”


INTRO:

La pedagogia è Scienza in quanto essa è costituita da un organico sistema di saperi. Il destinatario dei prodotti teorici e pratici della pedagogia è l’Uomo, che è il soggetto agente e, nel contempo, anche l’oggetto primario delle pratiche educative. Egli è il destinatario di questa scienza e, pertanto, il fine di tutta la ricerca pedagogica”.

Mario Gennari – dal “Trattato di pedagogia generale”, Ed. Bompiani, anno 2006


SVILUPPO:

Dai primordi del genere umano possiamo constatare come l’uomo abbia appreso nozioni fondamentali di carattere scientifico semplicemente improvvisando. Il metodo di ricerca non fu infuso dalla nascita nell’Uomo, bensì venne appreso. Ciò che pare innata è invece la curiosità. L’Uomo imparò a ricercare sperimentando varie strade e giungendo, nel corso dell’evoluzione attraverso il tempo, a delle conquiste scientifiche che, nel contempo, ne hanno stimolate delle altre e, di scoperta in scoperta, di conoscenza in conoscenza, il nostro intelletto si è gradatamente sviluppato arrivando al nostro tempo.

Lo sviluppo intellettivo dell’Uomo va di pari passo con le sue conquiste conoscitive; per questo motivo si afferma che l’Uomo è ancora sostanzialmente stupido…(“Due cose sono infinite: l’Universo e la stupidità umana” Albert Einstein)

Molto infatti c’è ancora da comprendere… infinitamente molto…

C’è da chiedersi quale potrebbe essere l’intelligenza di un Uomo in grado di capire le Leggi che governano l’Universo, in grado di viaggiare nello spazio oltre gli attuali limiti, in grado di risolvere i propri conflitti senza le guerre.

Le principali scoperte dell’Uomo sono praticamente accadute attraverso un metodo, in apparenza semplicistico ma molto più complesso di quanto sembri, che è il metodo improvvisativo. L’improvvisazione non è casualità, ossia un accadimento inconsapevolmente e involontariamente verificatosi, bensì una ricerca che ha un suo ben preciso fine e che si affronta attraverso strade, anche tra loro esteticamente diverse, non esattamente tutte definite a priori ma, tuttavia, tutte conosciute a priori. L’improvvisazione è un viaggio, un viaggio verso una possibilità, un viaggio verso un’alternativa, un viaggio sperimentale ma non casuale, poiché frutto sempre e comunque di scelte consapevoli, anche se estemporanee e non programmate con congruo anticipo. L’improvvisazione può portare ad una nuova scoperta, ma non è detto che questo sistematicamente accada. L’improvvisazione richiede, infatti, velocità e flessibilità di pensiero, capacità di cambiamenti anche istantanei nella direzione della rotta per giungere sempre alla medesima destinazione che si desidera (a volte anche non conosciuta a priori… e qui si ha la scoperta…), apertura mentale, abilità mnemoniche, assenza di pregiudizi e… richiede cultura… tanta cultura… Essa si verifica in itinere, non alla fine del percorso come nella programmazione. Con la programmazione si verifica alla fine ciò che ormai è accaduto, constatando l’impossibilità di porre rimedio agli imprevisti (se non approntando una nuova programmazione…) che, per la loro stessa natura (non essendo a priori stati pensati), originano errori impossibili da correggere (poiché già avvenuti molto tempo addietro…). Si sa che la programmazione non ammette variabili impreviste, che tuttavia ci sono sempre (…e la complessità è sempre più difficile affrontarla con la sola programmazione… “monito con il dito indice della mano”). L’improvvisazione riflette su sé stessa, pensa su sé stessa nel mentre si svolge e si auto-corregge (nel suo svilupparsi) poiché ammette la possibilità di tornare indietro per correggere un errore adottando in itinere un altro sistema (in realtà si prosegue sempre in avanti…) con risultati finali che riducono enormemente le possibilità stesse di errare. L’improvvisazione favorisce l’idea, la creatività, l’illuminazione e l’ispirazione. Detto questo: l’improvvisazione avviene in presenza di regole certe e ben precise. Non è né anarchia, né assenza di regole o leggi, né casualità (come già detto) ma è semplicemente un percorso flessibile di apprendimento e/o di ricerca con un preciso fine, che richiede una buona dose di apertura mentale, flessibilità e velocità di pensiero, capacità di confronto e di dialogo, considerazione continua in itinere delle varie possibilità esistenti per il raggiungimento dello scopo che ci si prefigge.

Vediamo come possiamo disciplinare teoricamente l’apprendimento attraverso l’improvvisazione…

Prima di tutto dobbiamo dire che la conoscenza nasce da una domanda, una domanda è alla base del processo di conoscenza che accade attraverso l’improvvisazione. La domanda nasce perché alla base vi è un bisogno, una necessità da soddisfare. La domanda da sola non serve a niente se non vi è la curiosità della ricerca di una risposta. Vi sono persone che sono piene di dubbi, ad esempio, e che non perdono tempo (a loro modo di vedere) a ricercare risposte ai propri interrogativi, fissando conseguentemente il pensiero in schemi e rendendo il pensiero stesso, quindi, indipendente dall’ evolversi del tempo, con i suoi inevitabili cambiamenti e mutamenti sotto molteplici punti di vista. Queste persone non ricercano più le risposte o le cercano tra quelle vecchie, giudicano il pensiero diverso dal proprio con disprezzo (solo per paura di pensarla diversamente…) e sono piene di pregiudizi. Sono persone che vivono continuamente nel passato. Queste persone non sono in grado minimamente di improvvisare, tutto nella loro vita deve essere debitamente programmato, previsto e calcolato e, ogni piccola inevitabile variabile improvvisa (e tutti sappiamo che la vita non è mai possibile contenerla in schemi…), scatena una vera e propria crisi (pensiamo, ad esempio, a quante persone si disperano o imprecano ogni volta che si fora una gomma o si rompe qualcosa o si fa un incidente stradale o non riescono a controllare una persona, una situazione, ecc…). Queste persone (e sono tante…) divengono poi pericolose perché, quando non comprendono e fraintendono, sono le prime ad attaccare facendo del male al prossimo, solo per paura di essere in pericolo.

I bambini hanno innata la capacità di improvvisare. Il loro metodo per giungere alla conoscenza è di tipo improvvisativo. La curiosità di conoscere, alla base del loro viaggio di ricerca, è la molla che stimola l’improvvisazione che, alla fine di tale viaggio, porta alla medesima conoscenza. Mantenere e coltivare tale capacità di improvvisare fin dall’infanzia aiuterebbe l’individuo umano ad affrontare i problemi in maniera creativa, senza preoccuparsi eccessivamente delle conseguenze negative che i problemi stessi potrebbero provocare, ma preoccupandosi maggiormente del come fare a risolvere i problemi, in modo tale che le conseguenze possano essere sempre solo positive. Preoccuparsi di risolvere i problemi insomma, non perdendo tempo a pensare alle comunque possibili conseguenze negative di un problema verificatosi. Il pensiero del “cosa potrebbe accadere se…” è, infatti, causa di ansia cronica, che altro non fa che mantenere un circolo vizioso di incapacità generale ad affrontare il problema stesso. Quando ci sono problemi bisogna agire e basta, agire in fretta e agire bene! Bisogna però sapere come agire (sempre…), per questo ci sono dei professionisti appositi in ogni mestiere che dovrebbero essere sempre responsabilmente aggiornati, non solo nella loro professione ma anche nel “come va il mondo…”, poiché una risposta vecchia ad un problema nuovo non risolve mai il problema stesso (principio di proporzionalità temporale dei dati di un problema). Il trascorrere del tempo, infatti, muta costantemente la domanda poiché è il problema stesso a mutare, mutando il campo di applicazione del problema al trascorrere del tempo. Il problema dunque, se non risolto subito, deve essere costantemente rianalizzato, al fine di individuare i mutamenti inevitabili al suo interno, affinché la risposta possa essere una risposta risolutiva e non una falsa risposta, per far finta che il problema non vi sia più. Se la risposta è vecchia, il problema resta… e se si hanno solo risposte vecchie i problemi non si risolvono mai (sempre per il principio di proporzionalità temporale dei dati di un problema). Facciamo un esempio semplice di un problema dimostrando anche cosa sia in pratica questo “principio di proporzionalità temporale dei dati di un problema”. Un fruttivendolo possiede Kg 100 di mele, Piero ne compra Kg 20 da regalare a sua mamma affinché ne faccia una marmellata. Quanta marmellata potrà fare la mamma con Kg 20 di mele?. Il problema non è semplice, perché richiede la conoscenza di dati che in questo problema non sono esposti e bisogna andare a ricercare. Infatti da Kg 20 di mele non si producono Kg 20 di marmellata. Ma una cosa è certa: se Piero impiegherà 15 giorni per portare le mele a sua madre sicuramente una buona parte di quelle mele marciranno prima (dalle mele marce non si fa la marmellata…) e, conseguentemente, cambiando i dati, cambierà il problema. Ecco perché è necessario che vi sia proporzionalità temporale nei dati di un problema ossia che si capisca sempre perfettamente il QUANDO di ogni dato, inclusa la RISPOSTA (anche essa è un dato…). Serve un QUANDO, anche nell’improvvisazione oltre che nella programmazione. Serve stabilire un tempo preciso durante il quale l’improvvisazione si svolge per giungere alla fine, al risultato, allo scopo, alla scoperta (a secondo dei casi…). Per questo l’improvvisazione non è mai casuale. Basta guardare la musica Jazz…o l’arte Jazz… nel Jazz vi è un QUANDO… sempre…

Problemi su problemi non risolti sono causa di una incapacità mentale generale dell’individuo a vivere, una patologia da incapacità di adattamento alla vita. Individuo influenza individuo, lavoro influenza lavoro e uno Stato si ammala (lo Stato, infatti, altro non siamo che noi, ossia una moltitudine di cervelli in rete…quindi uno Stato pensa in modo globale…). Uno Stato si ammala, come possiamo notare oggi in Italia, di incapacità mentale di risoluzione dei problemi, di incapacità di adeguamento ai tempi, di incapacità di aggiornamento, di incapacità di ricambio generazionale, di confusione esistenziale, di confusione di ruoli fra i sessi… ed i problemi diventano sempre di più, fino a quando non saremo più capaci di risolverne uno perché (si sa… ce lo dice la matematica…) quando la risoluzione di un problema dipende da un altro, a sua volta non risolto, il problema non potrà MAI essere risolto!

Cosa succede quando i problemi non risolti sono troppi? Si impazzisce! Si diventa matti! Risposta molto semplice…

La soluzione immediata sarebbe quella di dare immediatamente spazio ai giovani che sicuramente hanno un pensiero più flessibile ed una mentalità più aperta. Non scopriamo l’acqua calda se affermiamo che la società italiana è una società gerontocratica che, sempre di più al passare del tempo, tende a schiacciare i giovani, a non dare loro spazio, a farli ammalare e morire dentro prima del tempo, in nome del principio di anzianità. Come se l’Italia fosse come una grande caserma, senza alcuna considerazione di alcuni principi basilari che dovrebbero essere posti a fondamento di una cultura societaria, al pari del principio di anzianità (che tuttavia non è garanzia di esperienza, che si può acquisire anche in un lasso di tempo non necessariamente proporzionale all’aumentare dell’età…).

Questi principi basilari sono: il principio di intelligenza (alla luce delle ultime scoperte anche quella emotiva), il principio di preparazione professionale, il principio di preparazione culturale. Infatti è la SCIENZA che ci dice che l’intelligenza si evolve nel tempo. Per la SCIENZA (non per il Corriere dei Piccoli…) le nuove generazioni sono SEMPRE PIU’ INTELLIGENTI di quelle precedenti. Invertendo l’ordine dei termini della proposizione, alfine di rendere meglio il senso di quanto la SCIENZA afferma: le vecchie generazioni sono SEMPRE MENO INTELLIGENTI di quelle precedenti. Ergo (ancora per rendere meglio quello che la SCIENZA afferma… ed in maniera diretta… in linea con il pensiero di Einstein…): io sono più stupido di una ragazzina di 13 anni e una persona di 57 anni è più stupida di me che ne ho 35 di anni (…figuriamoci quanto più stupido sono io rispetto ad una bambina di 3 anni e quanto lo è uno di 57… non c’è da offendersi… è la vita… è la vita dell’UOMO nel tempo…). Fatte le dovute eccezioni, chiaramente, ma… la STATISTICA (che fa le medie aritmetiche…) è anch’essa una SCIENZA. I giovani e i ragazzi contemporanei sono poi super tecnologici, tecnologia della quale tanti adulti ne conoscono solo la parola. La tecnologia ha aiutato a comunicare globalmente (prima di tutto) ed ha portato allo sviluppo del pensiero sistemico che è un pensiero tipicamente giovanile (non dell’attuale mondo adulto, che non ha vissuto in prima persona tale rivoluzione culturale. Molti degli adulti, addirittura, osteggiano questa rivoluzione giudicandola negativa. Ma il tempo non può essere fermato…bisogna guidarlo però…).

Oggi, ancora, possiamo notare come la società italiana applichi esattamente il contrario di quello che la “Legge Scientifica Naturale della Vita dell’Uomo nel Tempo” afferma! Dove sono i giovani? I giovani stanno morendo dentro… e la colpa non è la loro ma di una società di persone adulte, di padri e di madri, tutte ammalate patologicamente tanto da non rendersi conto che, così facendo, stanno uccidendo il presente e il futuro dei propri figli…

Dopo questa lunga ma necessaria divagazione (trattandosi di pedagogia dell’improvvisazione mi sembra opportuno utilizzare didatticamente, nel mentre scrivo, lo stesso metodo improvvisativo per giungere ad una qualche forma di conoscenza…) vediamo come, partendo dalla mia intenzione di disciplinare l’apprendimento attraverso l’improvvisazione, l’apprendimento stesso si sia manifestato improvvisando attraverso esempi senza bisogno, a questo punto, di aggiungere altro per spiegare come l’improvvisazione stessa porti ad un determinato apprendimento…lasciando il pensiero a briglia sciolta appunto… ed avendo sempre ben presente il fine…

E come si insegna l’improvvisazione a Scuola?

In qualsiasi ordine e/o grado scolastico e armandosi di tele e pennelli, di materiali plastici, dello Strumentario Orff, di chitarre e tastiere elettroniche, di scarpette da danza e pertiche, di diffusori acustici, registratori, videoproiettori, videocamere, macchine fotografiche, personal computer con software appositi… e di tante altre cose… e facendo ARTE (o almeno sperimentazione artistica)!

Per non dire che si potrebbero insegnare tutte le discipline tenendo conto della pedagogia dell’improvvisazione…

Al diavolo la scansione temporale del programma disciplinare annuale (prevediamo periodi più lunghi entro i quali chiudere il cerchio delle competenze da acquisire), al diavolo i trimestri ed i quadrimestri, al diavolo una didattica fatta per i docenti di verifiche, di registri e di pagelle…

La cultura non è un programma… ed ogni singola disciplina di riflesso anche…

Imparare non significa sapere… Il sapere non si dimentica… ma ciò che si impara si può dimenticare, tanto da risultare mai appreso…

La mente umana non va programmata come oggi si fa a Scuola, ma sviluppata…

Si parla tanto di multidisciplinarietà e di capacità di collegare le competenze acquisite, le discipline tra loro… Ma come si fa attraverso questa didattica settoriale? Concepita a compartimenti stagni disciplinari?

La capacità di collegamenti multidisciplinari è, DA SEMPRE, considerata un’abilità mentale elevata nel mondo della Scuola. L’esame di Maturità DA SEMPRE impegna la Commissione di esame nella verifica di questa abilità nei diplomandi. Ma tutti noi docenti siamo concordi nell’affermare che è raro trovare studenti capaci ed abili nei collegamenti multidisciplinari anche perché, diciamoci la verità, neanche noi siamo in grado di collegare bene le cose che sappiamo e, ancora più grave, di collegarci tra noi... Riteniamo, con adeguata onestà intellettuale, che sia solo colpa loro (degli studenti…) e della mancanza di studio? Io credo che una didattica settoriale non favorisca lo sviluppo di questa alta abilità mentale, bensì inibisca la stessa. Non possiamo pretendere che fiorisca un cervello abile nei collegamenti multidisciplinari con una didattica che non è mai mirata all’unitarietà della cultura… Bisogna che la didattica sia finalizzata all’unitarietà culturale affinché possa fiorire questa alta abilità mentale, se vogliamo effettivamente che la Scuola sforni individui MATURI e che siano effettivamente pronti ad affrontare il difficile mondo del lavoro, capaci di affrontare questa vita così perigliosa e, soprattutto, adeguatamente consapevoli che le proprie azioni, nella vita, debbano essere finalizzate localmente al proprio bene ma nel contesto di un senso generale di bene sociale…

Pensiamo al pensiero dei bambini… partiamo da loro…

I bambini piccoli saltano da un argomento all’altro con una tale facilità… Discutendo con i bambini noi adulti siamo abituati ad arginare il loro pensiero in degli schemi, affinché non vadano fuori tema (a parere nostro…). Tutto il nostro modo di concepire la didattica prevede difficilmente divagazioni sul tema… Ma le divagazioni sono necessarie alla comprensione del tema stesso… Ci vuole apertura mentale… Non dobbiamo avere paura di lasciare il pensiero a briglia sciolta… Dobbiamo, da docenti, guidare questo libero processo di pensiero avendo sempre presente il fine della didattica… ma… con questa didattica… noi non facciamo altro che violentare gli individui in formazione…

La Scuola di oggi purtroppo ci rovina… (“La scuola serve per imparare, ma per imparare non bisogna andare a scuola…” Assurdo di F. Fiordiponti).

Nel contempo dovremmo risolvere questa nostra incongruenza temporale, dovremmo tornare nel presente, uscire dal passato, per proiettarci nel futuro.

Fare SCUOLA anche con ARTE e per mezzo anche dell’ARTE…

Ma manca ancora un QUANDO…

Il QUANDO può essere anche un intervallo di tempo prestabilito…

Ma il QUANDO, a mio parere, è adesso

Fabrizio Fiordiponti


Bibbliografia: la propria memoria d’uomo.

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