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Venerdì 05 Marzo 2010 08:32

L’EDUCAZIONE MUSICALE SALVAGENTE DEL “GRUPPO”

WRITTEN_BY_MALE
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SAGGIO: L’EDUCAZIONE MUSICALE SALVAGENTE DEL “GRUPPO”
Una possibile strada verso la libertà dall’alienazione mentale causata dal suono

Analizzando le diverse tipologie relazionali che oggi, all’inizio del nuovo millennio, si pongono in essere e che riguardano noi, “elementi-componenti sociali”, dobbiamo evidenziare un cambiamento nella qualità e nella quantità dei rapporti che l'“io” stabilisce e intrattiene con l'“altro” rispetto a qualche decina d'anni fa.
La sempre più prepotente affermazione del linguaggio informatico e la ricerca di nuovi sbocchi pseudo-relazionali ma sostanzialmente solo comunicativi, ha modificato enormemente la sostanza del nostro linguaggio. Se prima il concetto di “comunicazione” era strettamente collegato a quello di “relazione”, intendendo per quest’ultimo il rapporto umano e la conoscenza dei soggetti comunicazionali, oggi dobbiamo rilevare un preoccupante allontanamento, quasi una frattura, tra i due concetti. Spesso comunichiamo ma non relazioniamo: le chat di internet ne sono un esempio. Altrettante volte, nei nostri rapporti interpersonali, comunichiamo poco e male o affatto. Probabilmente ciò accade perché stiamo imparando sempre di più ad interagire con le macchine dimenticandoci, un po’ alla volta, come si faccia ad interagire con le persone.
In questo naufragare mediatico e telematico sembra funzionare da salvagente il linguaggio musicale. I giovani (e non solo!) comunicano e relazionano, si riuniscono in pochi (basta una chitarra) o in migliaia (i concerti dei loro idoli) uniti da una comune passione per la musica e dalla voglia di stare insieme, fisicamente insieme.
Un piccolo tentativo di “internettizzare” i concerti si è avuto tuttavia: potrà mai un monitor suscitare le stesse emozioni di un concerto?
La musica rappresenta una sorta di “legame” sociale, capace di avvicinare persone tra loro distanti, sia per estrazione sociale sia per filosofia di vita.
Una pericolosa realtà è però dietro l’angolo: potrà la musica conservare la propria essenza e resistere oltremodo a quel rischio di appiattimento, di conformismo e di conseguente ignoranza dovuti ad un'eccessiva commercializzazione e ad un uso “infame” del linguaggio musicale?
La nostra società è ricca di messaggi e modelli basati esattamente sul linguaggio dei suoni. Di questi messaggi e modelli siamo in balia poiché la nostra limitata cultura musicale non ci aiuta a comprendere la verità o la falsità di un messaggio, l’utilità o l’inutilità di un modello. Non abbiamo i mezzi necessari per liberarci dalla schiavitù psicologica che ci viene imposta.
Sembra quasi che un’alleanza tra cultura, politica ed imprenditoria abbia voluto la nostra ignoranza, senza nulla fare per alzare le nostre difese, giovandosene per estorcerci del denaro e sottoponendoci ad una continua tempesta di gingle, messaggi musicali di vario tipo, spot, mode musicali, generi musicali e quant’altro.
Sebbene, dunque, il linguaggio musicale faccia parte della dimensione di vita di un individuo, la scuola italiana (a differenza che in Europa) sembra quasi dimenticarsene relegando l’Educazione musicale ad un ruolo di secondo piano.
Nella nostra storia scolastica un solo Ministro della Pubblica Istruzione aveva capito l’importanza dell’Educazione musicale nella società di oggi, parliamo di Luigi Berlinguer che in un'intervista rilasciata al Corriere della sera, pubblicata il 12 dicembre 1999, diceva: “…parliamo della musica come elemento essenziale nella formazione del bambino, sullo stesso piano del leggere e dello scrivere.”
La questione è quanto mai complessa. Non è solo un problema di quantità di tempo, che nelle scuole si dedica all'Educazione musicale, quanto soprattutto di qualità.
Se è vero che l'Educazione musicale è assente come disciplina trasversale nelle scuole superiori (cosa quanto meno curiosa considerato la valenza che la musica ha per i ragazzi che frequentano la scuola nel periodo delle superiori) ed ugualmente vero che nella scuola di base e nelle scuole medie le viene dedicato solo un piccolo ruolo di disciplina di secondo piano, è pur vero che, quel poco che si fa, è finalizzato principalmente all'acquisizione di competenze nel campo della teoria musicale e nella storia della musica.
Sinceramente non si capisce come si debba trattare, della disciplina musicale, esclusivamente concetti teorici tralasciando così quegli aspetti educativi, morali e sociali che sicuramente, più che l'architettura e la matematica e la storia musicale, sono alla base del linguaggio dei suoni e di conseguenza della musica.
Educare alla musica e al suo linguaggio non vuol dire insegnare musica! Quello che si vuole non è creare tanti musicisti e musicologi ma educare alla comprensione, al fine di avere la possibilità di scegliere o rifiutare i molteplici elementi che si propongono alla nostra attenzione e che sono sostanzialmente basati sul linguaggio musicale. Uno scopo educativo, che dovrebbe essere posto come principale nell'odierno sistema scolastico, sarebbe, paradossalmente, liberarsi dalla musica per poterla meglio comprendere, criticare ed amare e, perché no, anche odiare. Riuscire, con uno sguardo attento, ad osservarla dall'esterno.
Capiamo l'importanza di rivisitare completamente i contenuti della disciplina musicale, così come oggi viene insegnata nelle scuole, e di avere insegnanti che educhino le nuove generazioni alla comprensione del linguaggio musicale in modo che esso serva come strumento formativo e non solamente conoscitivo.
La musica non è solamente una disciplina… la musica è vita…

Fabrizio Fiordiponti






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