Errore
Venerdì 05 Marzo 2010 08:53

I giovani: analisi dei problemi e dei bisogni

WRITTEN_BY_MALE
Vota questo articolo
(0 votes)

SAGGIO

I GIOVANI: ANALISI DEI PROBLEMI E DEI BISOGNI

La ricerca della propria identità attraverso i modelli culturali



Ogni processo di cambiamento sociale vede coinvolti da sempre i giovani che, con la loro freschezza culturale, sono da sempre territorio sociologico di studio per la comprensione delle tendenze culturali e della direzione che la società del futuro potrebbe prendere. Il mondo dei giovani è una specie di cartina al tornasole, sensibile al processo evolutivo di cambiamento dell’uomo nel tempo. Le loro tendenze, i loro modelli non possono essere contrastati a prescindere perché non compresi, ma devono essere fatti propri e utilizzati quali strumenti utili allo studio delle problematiche in essere che ogni società propone all’attenzione generale collettiva. Il mondo giovanile può sicuramente ritenersi un luogo di pensiero dove idee nuove nascono, idee che spesse volte non trovano applicazione nel reale, inteso come il tempo reale presente. Tali idee sono comunque espressione di un modo nuovo a cui guardare la vita, sentirla e volerla. Esse offrono una possibilità di adattamento e di cambiamento nel tempo, in relazione al processo evolutivo inevitabile dell’uomo ed in ordine al progresso della società in funzione di un miglioramento. La resistenza del vecchio rispetto al nuovo, storicamente sempre osservatasi, rallenta questi processi evolutivi e di progresso. Fattore rallentante è la paura del cambiamento. Tuttavia è bene far presente che non tutto ciò che il nuovo propone può rappresentare un progresso per l’uomo e per la società. Un cambiamento può essere in senso progressivo o regressivo. Sarebbe opportuno un migliore dialogo generazionale sia nei nuclei familiari sia nei nuclei operativi ove si prendono iniziative per il futuro dei giovani (politiche giovanili). Il giovane dovrebbe essere reso maggiormente partecipe alla vita sociale ed anche alla vita politica soprattutto per tutto ciò che riguarda il proprio vissuto. Questo non solo perché il giovane è comunque e sempre portatore di idee nuove (realizzabili o irrealizzabili, positive o negative questo se ne può discutere) ma anche per evitare che il giovane si isoli nel suo mondo e che, attraverso il gruppo, covi sentimenti di insofferenza verso l’ordine sociale costituito e, in casi particolari, anche di odio. Non possiamo evitare di fare queste considerazioni. Quando i giovani prendono cattive strade nella vita è perché non hanno avuto la capacità di esprimersi e di comunicare al mondo il proprio sé, le proprie idee, le proprie difficoltà. I giovani sono spesse volte lasciati a sé stessi, in balia dei loro aneliti di cambiamento sociale che sono inevitabili e che nascono perché lo “status quo”, nel quale si trovano a vivere ed il cui impianto è dovuto al mondo degli adulti, non appartiene più a loro, perché figli di un altro tempo. Sembrerà strano ma i giovani ribelli sono quelli più intelligenti, perché non si allineano, non si adeguano, non accettano uno stato di cose che li vedrebbe comunque sofferenti in prospettiva futura. Alcuni di questi riescono nella vita ad emergere, altri prendono purtroppo cattive strade. Ogni giovane che prende una cattiva strada è una sconfitta per la famiglia e parimenti per la Scuola e non per ultimo per la società. Ogni giovane che si perde non ha mai tutte le colpe, ma sono sempre divise a metà con la società. Da una parte il giovane, che ha sempre la possibilità di scegliere quale strada prendere indipendentemente da tutto, e dall’altra la società, che poteva fare comunque di più (o semplicemente poteva fare) per evitare che questo accadesse. Purtroppo appena un giovane sbaglia questi diventa automaticamente un nemico per la società stessa. Questo è triste da accettare ma, in qualsiasi società, non c’è il tempo per recuperare ed educare. Non tutti gli individui hanno la fortuna di nascere in condizioni di vita agevoli tali da non subire ingiustizie, violenze, discriminazioni, emarginazioni ed in genere “problemi” nella loro infanzia e poi adolescenza. Un infanzia sofferta e difficile è spesso garanzia di un insuccesso nella vita o di una cattiva strada imboccata. Purtroppo queste persone, abituate a difendersi con le sole proprie forze, sbagliano per cercare di adattarsi alla vita, poiché a volte non hanno altra scelta che sbagliare e, quando sbagliano, diventano automaticamente nemiche della società, indipendentemente dalla qualità della loro vita passata, dai loro problemi presenti e dalla prospettiva di vita futura. Nella società non bisogna sbagliare e basta. E’ facile dirlo ma impossibile a realizzarsi. La pedagogia, la psicologia e la sociologia non sono condizioni a contorno e non possono essere messe da parte nelle varie valutazioni ma, purtroppo, lo sono. Non c’è il tempo per l’educazione in questa società. Non c’è il tempo prima che accada (i campanelli di allarme sono sempre bene evidenti) e non c’è il tempo quando accade. Per questo ritengo che quando una società punisce e proibisce vuol dire che non ha saputo e non sa educare. Questa incapacità della società a venire a capo ai problemi è dovuta ad una storica stratificazioni in classi sociali che tuttora possiamo osservare. Un individuo umano non sceglie dove venire alla luce, in quale posto e in quali condizioni nascere e vivere e la sua nascita non può essere considerata, a prescindere, una condizione discriminante l’individuo stesso in prospettiva di vita futura poiché ad ogni individuo devono essere garantite pari opportunità. La formazione ricevuta nell’infanzia e poi nell’adolescenza non è per tutti gli essere umani la stessa. Essa dipende dal contesto dell’ambiente di nascita e di vita, contesto che non dipende tuttavia dalla volontà o dalla scelta del singolo individuo.

E’ bene dunque, in virtù di queste considerazioni, parlare di giovani che hanno il tempo e la possibilità di guardarsi e di pensare in prospettiva futura e di coloro i quali, loro malgrado, non possono fare altro che resistere al presente. L’orizzonte e lo sguardo sono diversi nei due casi. Nel primo lo sguardo è fiero ed avanti, nel secondo caso lo sguardo è basso e verso la terra. Il pensiero di sé rifletterà il futuro e la capacità di pensarsi in un contesto che determinerà l’essere stesso in virtù del fare. Chi pensa in piccolo (perché non può fare altrimenti) si realizzerà in piccolo se riuscirà a realizzarsi, chi pensa in grande (perché ne ha la possibilità) potrà aspirare a grandi traguardi. Spesse volte piccoli traguardi, per chi nella vita parte con forti penalità sono molto più grandi di tanti altri bellissimi traguardi che, chi nella vita è partito in scioltezza, ha raggiunto. E’ bene sempre ragionare in maniera relativa e mai assoluta come spesso si fa oggi.

Nel primo caso si ha spesso apatia e anche delinquenza, nel secondo fermento di idee e di azioni. In entrambi i casi, tuttavia, si osserva l’insofferenza al tempo presente e la ribellione a questo sentire prende sempre direzioni difficili da prevedere.

I giovani, infatti, nel pieno della loro vita vissuta come aspirazione alla realizzazione dell’essere individuale e collettivo, spontaneamente manifestano nel gruppo quelli che sono i passi che una società sta compiendo verso il futuro. I giovani hanno vissuto e subito il passato e hanno avuto modo di filtrarlo, rielaborarlo, a volte coscientemente ed altre volte spontaneamente, producendo nuove regole di vita comunitaria che, spesse volte, non trovano riscontro nella realtà del mondo sociale e lavorativo extra-giovane. I giovani vanno sicuramente adeguatamente studiati in una società che vuole preparare nel migliore dei modi il futuro. Purtroppo osserviamo una distanza mai probabilmente verificatasi prima d’ora nella storia dell’umanità tra i giovani e gli adulti. Il confronto generazionale c’è stato sempre, spesse volte tuttavia la storia ci insegna come questo confronto si sia manifestato in scontro ed abbia minato fortemente le regole del sistema che, evidentemente, se non accettate dal mondo giovanile è perché fuori tempo e richiedono una necessaria riflessione nell’ottica dell’aggiornamento e dell’evoluzione del pensiero.

Una distanza difficilmente colmabile tra mondo giovanile e sistema può produrre continuamente incomprensioni e fenomeni di reazione, secondo il principio di causa ed effetto, che vanno sensibilmente ad aumentare questo divario generazionale sempre esistito ma che, spesse volte, come attualmente, assume tutte le fattezze di un vero e proprio baratro.

Come si sia arrivati a questo non è troppo difficile comprenderlo.

Prima di tutto vediamo, affidandoci alla psicologia dello sviluppo, qual è il passaggio di crescita obbligatorio che un individuo umano compie arrivando in quella fase di vita che dicesi giovanile. Si proviene dall’adolescenza.

L’adolescenza è un periodo che i giovani da poco si sono lasciati alle spalle. Periodo nel quale ogni singola persona in crescita manifesta la volontà di staccarsi dai modelli formativi e culturali trasmessi dall’adulto attraverso l’educazione (familiare o sociale che sia) per cercare una propria dimensione e una propria visione della realtà e del mondo. L’adolescenza è un periodo spesse volte traumatico. Periodo nel quale l’individuo in crescita si mette alla prova. Mette alla prova la sua capacità di pensiero, il proprio carattere, il proprio essere. Periodo dove ciascun singolo individuo in crescita cerca di trovare quel sé originario corretto e limitato nella libertà (la libertà di ciascuno finisce laddove inizia quella degli altri), a volte bene ma altre volte meno bene, attraverso processi educativi innescati da una società che fa dell’educazione, attraverso regole, imposizioni scritte e non scritte, strumento essenziale per la formazione, sempre più proiettata nel tempo, di un individuo umano che si instradi verso il concetto di perfezione.

Un adolescente vive proiettandosi in avanti ma senza preoccuparsi troppo se o meno quello che intende essere nella vita, o quello che scopre di essere, possa o meno essere possibile o accettato dalla società.

L’adolescente si cerca (a volte si trova, altre volte meno e altre volte no) ma poi, terminata questa fase, deve inevitabilmente confrontarsi con la realtà effettiva di una società al quale ciascun individuo umano deve rapportare il proprio essere.

Il giovane, ormai terminata l’adolescenza, vive questo altro trauma di crescita: la conoscenza della realtà delle cose e, spesse volte, reagisce contro lo schema stesso di regole che la società impone con la sua mastodontica struttura. Reagisce in modo a volte condiviso dalla società stessa, altre volte in modo non condiviso. Reagisce a volte in modo indolore per sé e per l’altro, altre volte in modo preoccupante. Reagisce a volte da solo ma spesse volte in gruppo.

Il gruppo è il territorio di confronto ove ciascun giovane mette alla prova le proprie idee e, più frequentemente, le proprie frustrazioni nei confronti di una società divenuta sempre più insensibile ed incapace a comprendere il mondo giovanile anche, come già detto, per quella serie di reazioni, da una parte e dall’altra, che secondo il principio di causa ed effetto non fanno altro che ingrandire questo baratro generazionale.

Nel gruppo si entra e si rimane se si è accettati. Nel gruppo i giovani si scambiano idee e informazioni di vita vissuta, si condividono modelli riconosciuti culturali dal gruppo stesso nella sua identità di gruppo così come nella specificità di ogni singola identità interagente nel gruppo. Modelli culturali che, allo stato attuale delle cose, non sempre sono positivi poiché, benché il giovane si proietti nel futuro, esso irrimediabilmente risente di quel potere condizionante della cultura imperante del sistema. Cultura che spesse volte impone mode e modelli ai giovani con il solo fine di produrre ricchezza, senza alcuna attenzione verso il contenuto formativo del modello o della moda proposti, modelli e mode che vengono automaticamente recepiti come positivi perché proposti, alimentando spesse volte quel senso di disadattamento che un giovane di oggi sente per incapacità di filtrare gli innumerevoli input che gli vengono costantemente proposti all’attenzione, quel vuoto che il giovane sente per incapacità che una società ha di guardare al mondo giovanile come un territorio non di conquista del mercato, ma come un territorio di soluzioni per il futuro. Il risultato è spesse volte una omologazione generale dei giovani verso modelli culturali imposti, altre volte un rifiuto totale ed una ribellione verso questa triste realtà. Inoltre tale rifiuto o ribellione spesso genera altri modelli non sempre positivi (quali le droghe) a cui ciascun individuo del gruppo deve partecipare pena l’esclusione dal gruppo stesso.

Il giovane è costantemente di fronte ad una scelta importantissima per la sua vita: adeguarsi al sistema oppure fare qualcosa per cambiarlo. La forza di un giovane è importante. Spesso sono i giovani con i loro movimenti che hanno proposto all’attenzione sociale generale determinati problemi della società. Altre volte hanno operativamente affrontato il sistema con azioni di contestazione o di guerriglia vera e propria. Ma il sistema (si sa) tende serve a preservare sé stesso e piuttosto che cambiare od aggiornarsi sopprime le aspirazioni al cambiamento dei giovani. Il vecchio però dovrebbe far spazio al nuovo senza bisogno che il nuovo si ribelli perché il vecchio è troppo innamorato di quanto, anche se con fatica, si è conquistato. Ciascun individuo è sempre strumento utile ma non indispensabile all’evoluzione del sistema. Pensarsi come necessari al sistema rallenta e spesse volte contrasta l’evoluzione naturale del sistema stesso. Il vecchio spesso si arroga il diritto alla necessarietà attraverso il pregiudizio del nuovo. Il nuovo dunque deve prima lottare per essere compreso e poi per soppiantare il vecchio quando la strada al cambiamento generazionale dovrebbe essere naturale, agevole e non difficile ed impossibile (se non con azioni di forza) come nel tempo attuale. Intanto, nel mentre i problemi aumentano perché la società diventa sempre più complessa, problemi che andrebbero affrontati con una visione contemporanea parallela al problema, la resistenza del vecchio non solo rallenta il cambiamento ma contribuisce anche a generare altri problemi oltre a quelli già esistenti. La disoccupazione è un importante fenomeno, gravissimo ed allarmante, che investe quasi tutto il mondo giovanile. Un giovane che non riesce a trovare lavoro, nonostante l’impegno, normalmente si scoraggia o si deprime. Un vecchio che resiste può originare un nuovo che si deprime e la cui persistenza in tale stato non fa altro che incoraggiare il vecchio a continuare perché il nuovo non è considerato all’altezza. Un circolo vizioso tipico della società contemporanea che va immediatamente interrotto se vogliamo far fronte quanto prima, in maniera adeguata e con gli strumenti opportuni, alla complessità della società, dovuta prima di tutto ad un avanzamento tecnologico incontrollato, cercando di iniziare a risolvere i suoi numerosi problemi che, se non affrontati, non fanno altro che originarne degli altri a catena.

La base teorica, che vede gli adulti direttamente quali imputati, si osserva anche a Chicago una decina di anni fa... rispetto al pensiero riportato sotto e relativo ad una realtà, quella americana, sicuramente più avanti da diversi punti di vista, accresce la perplessità... Non c'è solo "rifiuto, oblio e negligenza" ma anche la violazione al diritto di evoluzione, ad avere una famiglia, ad avere dei figli, a svolgere un lavoro...

Genitori (dai politici ai professionisti) che di padri e di madri (in un concetto più allargato) hanno perso totalmente la natura...

"L'iniziazione dei giovani rappresenta sempre l'opportunità di un risanamento e di un rinnovamento della forza vitale della comunità e della società. L'iniziazione dei giovani alla pienezza della vita è l'occasione per sostenere il senso e insegnare autentici valori. La scomparsa dei riti di passaggio ha invece creato una frattura tra generazioni. Mentre la spaccatura cresce la paura di superarla aumenta. Nel frattempo un maggior numero di giovani si perde in comportamenti violenti o cade nell'incertezza, nella droga e nell'apatia. Rifiuto, oblio e negligenza stanno nel cuore degli adulti che ignorano la confusione e le difficoltà della gioventù" (Michael Meade, Crossroads. The Quest for contemporary rites of passage, Open Court, Chicago, 1998).

In questo quadro non solo preoccupante ma soprattutto allarmante, dal punto di vista sociologico/psicologico e conseguentemente politico/economico, i giovani mettono in atto tutta una serie di comportamenti di riflesso dettati dalla naturale ricerca sia della propria identità sia della propria dimensione di vita sociale. Ricerca molto sofferta per i giovani di oggi.

La difficoltà a vedersi proiettati nel futuro in compiti e funzioni sociali, a causa di una politica giovanile di sviluppo teoricamente presente ma praticamente assente (non trova reali riscontri nella realtà sociale), genera un senso di inquietudine nel giovane che si vede negata la possibilità futura di realizzarsi professionalmente in società oltre che la possibilità di immaginarsi parte di un nuovo nucleo familiare autosufficiente capace di generare prole. La motivazione all’agire è sempre meno convincente e viene recepita dal mondo degli adulti come incapacità, quando è effetto invece delle numerose scelte che il mondo degli adulti compie (e spesse volte impone) che non vanno quasi mai nella direzione del rispetto del diritto al futuro della specie umana e, conseguentemente per logica, in una direzione che non rispetta i giovani. Questa palese difficoltà del giovane viene accolta dal mondo della Scuola con l’elargizione spesse volte eccessiva di titoli di studio (soprattutto lauree) con conseguente impoverimento della validità dei titoli di studio emessi non sempre a garanzia della preparazione di chi li possiede. In attesa che qualcosa cambi e che tale società dimostri di aver tempo e voglia di pensare seriamente al futuro (l’umanità non ha termine in questo tempo) i problemi aumentano e il circolo vizioso diventa sempre più difficile da spezzare. Nel contempo i giovani hanno difficoltà a conservare una certa lucidità di pensiero risultando dunque fragili e facilmente strumentalizzabili da una politica di mercato economico che li usa come strumento per la ricchezza altrui senza alcuna valutazione sociologica e psicologica della loro reale condizione, sulle loro evidenti difficoltà e del senso comune e diffuso di spaesamento generale in tutto il mondo giovanile, procurando ai giovani un ulteriore danno enorme che non fa altro che alimentarne lo stato generale preoccupante di difficoltà.

Il giovane tuttavia ha tale e tanta voglia di vivere che non facilmente si arrende all’evidenza di una società non più studiata per lui e per il suo futuro ma studiata per gli interessi economici di forze di potere. Nell’impossibilità di cambiare il mondo attraverso azioni di forza (i giovani di oggi sono buoni…) prova a cambiarlo attraverso le idee proponendo modelli culturali (esempi educativi bellissimi) dei quali la società non può non prenderne atto. Nella semplicità del linguaggio che il giovane usa e nella freschezza del metodo comunicativo il giovane esprime una esigenza implicita di semplificazione della realtà ormai quasi irreversibilmente complessa. La semplicità del mondo giovanile è quasi una miracolosa risposta alla complessità del mondo degli adulti. Le idee dei giovani riflettono oggi finalmente valori che il mondo degli adulti pare abbia ormai quasi completamente perso essendo basato sulla concorrenza e sulla sfida (spesse volte spietate) per interessi di potere e/o economici e/o di classe sociale e/o di casta professionale che spesse volte comportano la negazione di comportamenti leali, onesti ed anche etici e, altre volte, la negazione di vere e proprie regole di convivenza civile fra le persone. Pare quasi che la natura di uomini si stia quasi completamente perdendo assumendo quella di animali in lotta per il proprio territorio. La difesa del proprio territorio è infatti un comportamento tipico dell’animale. Non dovrebbe esserlo per l’uomo dotato di sensibilità di ragione e di proiezione verso le esigenze del prossimo.

Tanti sono i movimenti giovanili in Europa che propongono importanti modelli culturali per questa società. Senza voler giudicare o prendere posizione a favore o contro (ma solo con la finalità della ricerca) rileviamo che molti sono collegati a fazioni politiche o partitiche e dunque praticamente “schierati” nel sistema, altri sono movimenti indipendenti di contestazione del sistema stesso e della sua politica e dal sistema stesso osteggiati ed, altri ancora, sono movimenti che, attraverso l’impegno attivo ed il volontariato, propongono all’attenzione pubblica problematiche reali sociali, ambientali, economiche, ecc che possono essere affrontate e risolte attraverso una politica indirizzata della quale si chiede l’intervento. Questo vasto panorama di movimenti giovanili è dimostrazione del fatto che il giovane, anche nell’età dell’adolescenza quando ancora non ha gli strumenti cognitivi necessari per operare distinzioni e discriminazioni o scelte opportunamente mature, vuole impegnarsi nel sociale e ricerca la propria identità provando a mettersi in gioco nelle realtà più disparate di idee o ideologie o azioni. La ricerca della propria identità passa attraverso la sperimentazione dei più svariati modelli culturali e attraverso il confronto delle personali idee in formazione, in contesti ove il pensiero è ben definito e la partecipazione implica un’implicita accettazione dello stesso. Il giovane che fa parte di un gruppo già preesistente partecipa delle idee storicamente determinate da quel gruppo. Il giovane che forma con altri un nuovo gruppo partecipa con gli altri alla formazione comunitaria di un pensiero condiviso. Il giovane che non fa parte di alcun gruppo è perché non si ritrova in alcuno di essi. In quest’ultimo caso o si riscontra l’isolamento e la chiusura del giovane o una ribellione verso tutti i sistemi di pensiero precostituiti oppure egli stesso originerà un nuovo pensiero che potrà essere condiviso ed appoggiato. Tutto è utile ai fini del miglioramento della nostra società in una direzione civilmente responsabile. L’importante che le idee e le proposta di cambiamento avvengano con educazione e non fomentando odio fra le persone sulla base delle idee. “Non sono d’accordo sulle tue idee ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle” Voltaire. La circolazione libera delle idee deve sempre essere consentita e favorita quand’anche queste idee siano di contestazione al sistema delle cose. Un progresso civile e la scelta di una direzione da intraprendere verso una società ove il concetto di comunità non sia solo scritto su carta necessita di un’apertura continua verso il mondo delle idee al fine di permettere un dialogo e un confronto continuo. Le idee in essere vanno sempre e comunque messe in discussione perché, se escono rafforzate da un confronto, vuol dire che sono ancora quelle giuste. Quando questo non accade è meglio cambiare chiaramente le idee. Anche se non tutti, i giovani di oggi (nel loro fermento vitale e nella rappresentazione dinamica della vita e della realtà) propongono costantemente all’attenzione degli adulti, un modello democratico culturale basato su la circolazione libera delle idee, sul rispetto delle idee dell’altro, sul muto soccorso, sull’auto responsabilizzazione, sulla solidarietà verso chi sta peggio e su una società del futuro basata sulla pace, sull’amore e sul dialogo fra i popoli. Bisogna considerare i giovani come una risorsa importante del futuro e del cambiamento di questa società radicata ormai in strutture di pensiero arcaiche difficili da estirpare e che, per un processo di auto-conservazione storica, tendono ad attirare a sé comunque tanti giovani.

Tali strutture hanno motivo di non crollare o di conservarsi per l’intensità delle relazioni di interesse (anche economici o comunque professionali) che si sono storicamente saldate intorno ad ideologie che, al tempo attuale, risultano desuete e non più applicabili alla realtà sociale contemporanea ma che tuttavia vengono tenute in vita e preservate per nostalgia oppure come “specchietto per le allodole” o comunque per comodità o necessità.

I giovani, quindi, non sempre sono liberi di cercar sé stessi senza condizionamenti e non sempre vengono rispettati i tempi di sviluppo di maturità sociale. Spesse volte la “chiamata alle armi”, che molti sistemi di pensiero fanno ai giovani per necessità di rinnovamento, non permette un naturale processo di formazione della propria personalità e la ricerca del sé e della propria identità. I giovani coscientemente non sanno di non essere sufficientemente maturi per schierarsi da una parte e dall’altra. Vengono richiamati dal modello culturale proposto esattamente come, a volte, il gruppo richiama il singolo ad un’azione precisa ed anche spesse volte sconsiderata (ad esempio correre in macchina a 200 all’ora).

Avere rispetto dei giovani e dei loro tempi di formazione del pensiero significa invogliarli certamente a scegliere e a prendere una posizione ma anche, responsabilmente e coscientemente da adulti, bisognerebbe educarli a rimettere costantemente in discussione la scelta fatta (e la posizione di pensiero assunta) finché questa scelta non sarà maturamente e responsabilmente condivisa senza incertezze e, dunque, finché non si avrà la capacità di spiegarla e di difenderla strenuamente. Come bisognerebbe educarli anche alla capacità e all’umiltà di cambiare idee ogni qual volta qualcuno riesce a dimostrare che quelle idee non vanno più bene. La ragione è sempre dalla parte di chi sa spiegare, bisogna tuttavia imparare ad ascoltare. Purtroppo questo non si fa mai. Non si ha mai rispetto per i tempi di formazione dei giovani e non si concepisce (purtroppo ancora) la formazione in senso permanente. Formazione permanente possibile solo se si possiede un pensiero elastico e non fermo nel tempo (nonostante il tempo cambi) in posizioni o idee assunte a prescindere da tutto, come spesso si osserva oggi.

La conseguenza è che per molti giovani (poi adulti) il processo di ricerca della propria identità non ha mai fine a causa degli innumerevoli condizionamenti che non aiutano certamente il processo di ricerca e di formazione responsabile dell’identità di ciascuno…

Processo che inizia quando si nasce e non si sa quando abbia termine…

Gli interessi vari sono sempre ostativi alla formazione permanente e la base del danno e della mancanza di rispetto verso il diritto alla vita di un individuo umano…



Fabrizio Fiordiponti






E-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

Latest from

ritorna sopra