Orgoglio e Presunzione
(piccolo confronto tra il mondo dei bambini e quello degli adulti)
Capita molto spesso che i bambini, giocando, litighino ed entrino in conflitto oltre che verbale anche fisico tra loro. Spesso un bambino provoca dolore fisico ad un suo compagno e lo fa piangere. Non ho però mai notato un bambino abbastanza piccolo gioire per il pianto di un suo coetaneo.
L’intervento di rimprovero e, a volte, la conseguente punizione, intesa come privazione di una qualche libertà o privilegio, non sortiscono sempre gli effetti desiderati, anzi, se inopportuni e non bene attuati, danneggiano fortemente la crescita del bambino stesso in una direzione sana ed equilibrata contribuendo a rafforzare l’idea nel bambino che nessuno lo comprende e che ci si debba fare giustizia da sé o che per evitare di essere attaccato sia necessario attaccare per primo (ossia reagire ad azioni non-violente con modalità violente). Spesse volte un bambino, che manifesta modalità di comportamento aggressive, risponde al rimprovero con un’unica e frequentissima frase: “non l’ho fatto apposta”. Sembra che nel vocabolario delle possibile risposte questa sia quella più gettonata, come se fosse per natura posseduta dalla nascita. Vi è inoltre da aggiungere che l’intervento educativo dell’adulto stimola anche il bambino, nella pressoché totalità dei casi, a chiedere scusa. Quello che penso è che il bambino sia sincero nel momento in cui chiede scusa (se obiettivamente l’adulto è stato in grado di comprendere le dinamiche del conflitto in modo da saper opportunamente spiegare al bambino il suo errore ed intervenire in maniera giusta; altrimenti l’obbligo a chiedere scusa, in assenza del torto, risulta essere una vera e propria violenza psicologica fatta sul bambino e gravemente condizionante la psicologia dello stesso bambino in crescita). Nell’esprimere una reazione aggressiva, l’unica cosa che realmente il bambino piccolo vuole è liberarsi dall’angoscia, in una sorta di azione catartica, per vendicarsi (in qualche modo) di un’azione che egli ha ritenuto offensiva alla sua persona. Non c’è quasi mai intenzione di provocare danni e dolore. Il bambino effettivamente non si rende conto che la sua reazione può ledere, il suo unico obiettivo è quello di scaricare la sua rabbia senza nessuna intenzione di ferire fisicamente il compagno. Il suo obiettivo è difendersi non attaccare, per rivendicare il proprio orgoglio personale. Tuttavia il bambino non dispone di un linguaggio e di una bagaglio di esperienza tale da poter articolare una risposta verbale sferzante e, per questo, reagisce con un atto fisico.
Il bambino dunque nasce per natura buono, ma incapace di canalizzare la propria rabbia all’azione, percepita come offesa, subita. L’intervento educativo che deve essere effettuato deve andare nell’opposta direzione rispetto a quella della rabbia sconsiderata. Un adulto che urlerà non riuscirà mai a correggere queste azioni, se pur sortirà un effetto a breve termine, il bambino tenderà poi a riproporre il medesimo comportamento a distanza di tempo. Un intervento fermo, deciso ma sereno potrebbe, con il tempo o con tanta applicazione, correggere questa forma di disturbo. Il bambino nasce pieno di orgoglio, generalmente non ama essere contraddetto e tanto meno offeso. L’orgoglio è un pregio/difetto rilevatore comunque di un volersi bene, di avere coscienza del valore della propria persona. Quando si educa dobbiamo considerare questo amor proprio del bambino e non bisogna mai schiacciarlo anche se dobbiamo far capire chi educa.
Osservando il mondo degli adulti ci si rende conto che la risposta ad una azione sconsiderata, che ha provocato un danno al prossimo, è delle più varie e presenta tutte le varianti dei vizi e delle virtù umane. Bisogna considerare però che, nel mondo sociale degli adulti, sono rare le reazioni fisiche e piuttosto frequenti le reazioni psicologiche che fanno ancor più male di quelle fisiche (la guerra è un discorso a parte). Una differenza sostanziale è che però l’adulto vuole ferire, vuole far male, vuole distruggere l’altro e magari riuscisse a far piangere. La maggior parte dei conflitti che si originano tra i grandi devono necessariamente sfociare in un vincitore ed in un vinto, è difficile che la partita termini alla pari. L’uomo adulto è così pieno di sé e così convinto della superiorità della propria intelligenza che considera i propri pensieri con una logica assolutistica. E’ un atto di presunzione considerare le proprie opinioni, riguardo a qualsiasi cosa, in modo assoluto. In ogni discussione ciascuno dovrebbe esser pronto anche a cambiare idea senza ostentare presunzione, basterebbe essere predisposti all’ascolto delle ragioni del prossimo. Questo succede molto raramente.
E’ strano…l’orgoglio del bambino si è trasformato in presunzione da adulto ossia l’amor proprio dell’uomo e la coscienza della propria identità si manifestano ora in presunzione di intelligenza. Ci siamo dimenticati, da grandi, quella frase che da bambini conoscevamo così bene: “non l’ho fatto apposta”…
Fabrizio Fiordiponti